1 maggio 2012

ragazzo mio, un giorno qui sarà tutta campagna.


eravamo su questa collina sopra l’aquila. sopra nel senso che se avessimo saltato saremmo finiti in mezzo alla città. seduti col culo su una roccia che sotto c’era una valle larga da destra a sinistra e i monti tuttintorno. una sorta di posto speciale e un pò segreto, di quelli molto panoramici dove ti vai a bere le birre ed eventualmente a fare le canne. oppure, meglio, di quelli che se ci porti una ragazza hai fatto già metà del lavoro. perchè davvero il panorama è mozzafiato e non c’è mai nessuno, a parte una muta di pastori abruzzesi e un contadino che guarda una torre diroccata. non è un posto inflazionato dalle coppiette, non è un belvedere. è proprio un posto che ti ci devi arrampicare, che lo devi desiderare che è proprio lì che la vuoi portare quella ragazza. perchè appena si è lì non può che contemplare tanta meraviglia e tanta vastità e tutta la valle dell’aquila sotto e il gran sasso alle spalle e il sole che scende e il silenzio. il silenzio che è questa cosa romanticissima fatta di tempo che passa e nient’altro. e poi il vento che è l’unica cosa che lo circonda questo silenzio e la città sotto che ormai sono tre anni che vive dimessa, quasi completamente silenziosa. e in questo quasi silenzio, in questo stare seduti su una roccia con i piedi a penzoloni a guardare il futuro sotto, la ragazza te la dà. senza dubbio.
comunque noi, a scanso di equivoci, eravamo tre maschi. quindi necessariamente birre.
e io riflettevo su questa città che ricade su se stessa, che spinge le persone fuori, lontano. e a guardare la valle, o comunque quella cosa tranquilla tra le montagne, era chiara questa spinta, questa forza centrifuga che porta tutto ad allontanarsi e a disporsi su una circonferenza, o forse su un’ellissi, sempre più ampia. e non è un estendersi, è un sostituirsi. e così da tre anni la gente torna indietro nel tempo, torna dai posti dove era partita l’anno mille e si ridispone nelle campagne per nuove ragioni, per nuove necessità e nuove costrizioni, a riappropriarsi troppo velocemente di spazi lasciati indietro nella corsa a diventare città, ad essere centro.
e non è solo la riconquista di uno spazio, ma anche di una solitudine, di essere comunità solo in piccolissimi nuclei, di una consapevolezza che non si ha più, che avrebbe potuto essere una cosa bellissima, se solo non fosse stata un destino.

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