9 giugno 2010

un attimo nella città eterna.

- ma allora davvero hai un fiore rosso tra i capelli...
- certo, te l’avevo detto.
chiudo la portiera e mentre mi allaccio la cintura cerco di contraccambiare un sorriso che mi arriva grande e colorato come una torta di compleanno quando sei piccolo. io un sorriso così mi sa che non lo so fare, allora ne faccio uno a caso. e lei guida spedita portandoci lontano da termini.
- senti io prima di andare a casa devo passare da mail boxes che devo spedire due cose…
- ma figurati nessun problema. io in fondo sono qui solo per incontrarti e passare un pò di tempo insieme. ma tu di dove sei? da quanto tempo sei qui? com’è roma?
- fantastica. ora come ora non la lascerei mai. dico proprio a livello umano. ecco, questa signora vuole morire.
- perchè sai io stavo pensando che forse adesso una casa me la potevo trovare qui, cioè una base. io non lo so com’è roma, ma a me piacerebbe fare le cose per bene, anche se in italia tutti dicono italia italia, ma non come ai mondiali capisci? dicono italia espirando piano, come a dire piove, mi segui? però basta anche con questa storia che piove, no? cioè va bene che quest’anno l’inverno è stato lungo, ma io credo molto nel cambiamento. dico cambiamento come evoluzione in genere… e l’evoluzione sta molto nel capire quello che si ha, perchè bisogna partire da qualcosa, e conoscere e accettare i propri punti di partenza, ma si fa per andare avanti. e poi secondo me è importante lavorare con altra gente, intendo a contatto, condividere, collaborare. secondo te un’agenzia? tu come la vedi? e la contrasto? che ne pensi?
- siamo arrivati, che fai scendi?
- boh, non lo so, scendo?
- scendi scendi.
il mail boxes è chiuso e apre dopo mezz’ora e allora esther si attacca alla porta a vetri e inizia a fare due occhi da cucciolo nel canile e poi ci aprono con la faccia di chi ha finito i croccantini e lei dice che deve fare due spedizioni velocissime e ci fanno entrare.
- questo va a milano e quest’altro a parigi per piacere. caffè, birra o vino?
- direi birra. birra.
- allora ci fermiamo sotto casa e le compriamo.
e arriviamo al pigneto col sole e prendiamo due birre ghiacciate e una pizzetta e saliamo a casa sua che è grande esattamente come casa mia, direi abbastanza grande, arredata un pò più new age della mia, incasinata probabilmente la metà della mia, con un terrazzo come quello che c’è fuori casa mia. io però casa ancora la devo prendere.
e adesso la parte di dialogo, dico quella scritta, finisce. perchè non mi ricordo bene quello che ci siamo detti. no, non è vero, me lo ricordo benissimo ma non so bravo con certe cose. perchè quello che vale la pena dire è che io su quel divano mi fumo le sigarette e ascolto. e ascolto veramente. non come quando si fa finta di ascoltare e poi in mezzo si dice “certo”, così ogni tanto e intanto si aspetta il proprio turno per dire qualcosa. insomma io ascolto e penso e bevo la peroni ghiacciata. e sembra che quella peroni io la butti su altro ghiaccio dentro e piano piano tutto si scioglie lentamente. e tutto si scioglie a causa di roma. roma che ti lascia il caldo addosso, il caldo colorato e appiccicoso, il sudore che sa di benzina, la pelle lucida di metropolitana. tutta una serie di cose che diventano meravigliose e acquistano senso perchè iniziano a trasformarti in un bicchiere con la condensa attorno e il freddo dentro. il freddo perchè è piacevole e il caldo per tenerlo sotto controllo. insomma onestamente un pò mi emoziono e poi lei mi dice vieni qui che mi devi dare un parere su questo multimedia e io le dico che la musica non mi piace e forse dovrebbe usare altro e lei lo usa altro e non mi piace lo stesso allora poi parliamo un pò di musica e lei mi fa ascoltare michael cashmore e un pò mi emoziono di nuovo. allora mi dice prima di andartene devi dare un’occhiata a queste foto, mettiamoci in terrazzo. e mi dice che ne ha parlato tanto con antoine d’agata e io penso cazzo e dico perchè non mi fai un riassunto considerato che io sono boccaccino. intanto scorro le stampe che sono qualcosa di bello e lei mi fa questo riassunto e io non la guardo in faccia perchè guardo le foto e lì per lì non dico niente. ma perchè che devo dire? io ci metto un pò a pensare le cose da dire, sono uno lento a capire a metabolizzare tutto. io ti amo lo dico tardi. e pure ti odio. poi piano piano mi convinco e capisco di più che c’ho in testa e poi magari provo a dire qualcosa di intelligente. insomma magari c’ho pure un pò di ansia da prestazione ora che ci penso. quelle foto le ha viste tutto il mondo che conta e fondamentalmente sono anche il prodotto di una vicinanza con antoine d’agata. non è che arrivo io dopo i discorsi di d’agata e dico solo: uau. pare brutto. anche perchè non è uau e basta, è qualcosa che io ho sempre pensato fosse propria di altri, fosse altrove, fosse un linguaggio stampato sui libri e basta, un movimento personale che ti viene mostrato senza codice, senza la possibilità di fare altro che apprezzarlo, senza viverlo. e invece quel qualcosa io ce l’avevo di fianco rannicchiata su una sedia di plastica da giardino. un pò mi emoziono per la terza volta e lei mi sa che lo capisce. mi fa un sorriso che mi arriva grande e colorato come il regalo dopo la torta e io ne faccio uno sempre a caso. ma stavolta diverso da quello di prima.

3 commenti :

mlova nova ha detto...

ora ci riesco. il commento era 'bum'.

Anonimo ha detto...

aaaah, la musica l'ho cambiata di nuovo, accidenti, stamattina, nell'istituto di cultura italiana di madrid, nella foresteria, per essere precisi ( la foresteria è una di quelle cose che pensavo esistessero solo nei libri di dostoevskij...). Comunque non ti immaginare niente di strano, è una stanza con un bagno. Coloniale però.
Insomma non so se saresti d'accordo, ma non è eminem, almeno, nè snoop doggy dog. Per fortuna non ho più tempo se no avrei finito col metterci la nona di beethoven.....

esther

boccaccino ha detto...

e io che credevo fosse un posto dove vendono foreste...