12 gennaio 2010

tutto il mondo è paesiello.


il nove gennaio duemiladieci è stata una giornata tra le più stressanti che ricordi. e alla fine qualcuno potrà sempre dire che ho scarsa memoria.

alle due e trenta di mattina riesco a trasformare il "ma sei scemo?" di miriam in un "poi mi sento in colpa" e quindi parto verso firenze in un viaggio di un'ora e mezza di nebbia. quando arrivo che sono le quattro mi sento tutto rintontito, ma non tanto per l'orario o la stanchezza, che anzi sono molto più sveglio di quanto lo sia stato di giorno, ma per la nebbia. guidare in autostrada vedendo a cinquanta metri, sempre dritto, un pò curva, ti rinsoglionisce come poche altre cose. senza considerare il fatto che a pensarci ti viene anche il panico. stai andando da qualche parte che non vedi per niente. lo sai che c'è perchè ci sei stato ma tu in realtà sei fermo. sei sempre nello stesso luogo largo cento metri quadrati con una striscia bianca a tratti che si muove tendenzialmente alla tua sinistra e un'altra ferma tendenzialmente a destra. poi magicamente ti trovi a firenze e ti dici che sei stato bravo a non pensarci troppo a questo panico del teletrasporto inconsapevole.
insomma arrivo a firenze nel cuore della notte per motivazioni che tutti più o meno possono immaginare, ma che soltanto qualcuno può indovinare. in ogni caso non si tratta di sesso. anche perchè miriam ha il ciclo. mi metto a dormire subito e mi sveglio ancora prima che sono le sette e miriam deve andare a lavoro e io dico vengo alle dieci e facciamo colazione insieme, lasciami il motorino e vai con la macchina. poi mi ributto con la testa sul cuscino e non dormo nemmeno cinque minuti fino alle nove.
scendo in cucina vestito e fa freddo come fa freddo in tutte le case di studenti ed è un pò buio come nella maggior parte delle case di studenti e soprattutto è silenzio. è sabato mattina e mi accendo una sigaretta ripensando alla questione della prima cosa che si assume durante la giornata. e un'italoamericana che ho conosciuto diceva che bisogna iniziare con un bel bicchiere d'acqua. tanta gente comincia col caffè. io non ho un'abitudine in proposito e questo sabato è capitata la sigaretta.
telefono a simone e gli dico se ci vediamo nel pomeriggio, che sono a firenze, che passo per un caffè a casa sua e lui dice avoglia. metto il computer nello zaino e penso pure che magari a simone gli faccio vedere qualcosa di nuovo ed esco col motorino. tutta la nebbia della notte prima non c'è più e nonostante piova io penso che quel motorino è proprio comodo. col parabrezza non accusi per niente l'inverno. poi realizzo che ho fatto proprio un pensiero da vecchio, guardo i tremila chilometri raggiunti da poco e mi inorgoglisco pensando ad altri numeri e ad altri inverni. sorrido e un pò accelero.
miriam lavora lontano. e questa è una frase che mi rimbomba in testa per tutto il tragitto, mentre cerco di ritrovare la strada per rincontrarla e finalmente parlare. almeno venti minuti. venti minuti e basta. bastano.
arrivo pure in anticipo, poi lei scende in strada e ce ne andiamo in un bar di un centro commerciale lì di fronte. mi precede e si vede che è un pò di casa, che ci va tutti i giorni, poi ordina un succo, un caffè e un cornetto vuoto. devo ancora capire la dinamica del cornetto vuoto. intanto ci dirigiamo ad un tavolo, lei ne sceglie uno vicino alla finestra. si vede che non lo sceglie mai a caso. dev'essere in una posizione "carina", non troppo isolato per potersi godere e far parte dell'atmosfera del posto, ma allo stesso tempo con la giusta privacy. io di solito l'unico tipo di comfort che cerco quando mi siedo a un tavolo è la sedia. nel senso se c'è o meno. perchè se non c'è non mi posso sedere e il tutto risulta un pò strano. intendo sedersi ad un tavolo senza sedersi. ah, naturalmente dev'esserci anche un tavolo, sennò non posso appoggiare il caffè. generalmente il primo che trovo va bene. purchè abbia almeno una sedia abbinata. ma quando sono con miriam di solito mi preoccupo di cercare un buon posto, perchè si vede che lei guarda in giro per una posizione "carina" e allo stesso tempo sta zitta perchè vuole che lo scelga io. ma questo succede spesso in pizzeria. qui va lei diritta al tavolo, forse è il suo solito tavolo, e io mi avvicino e dico vado a prendere il caffè e il succo al bancone. mi sento molto più rilassato di prima. poso lo zaino ai piedi della mia sedia e mi accorgo che è aperto. e dico come mai il mio zaino è aperto? cosa ci tenevo dentro? e poi non mi spavento affatto. mi capita spesso di perdere cose di vario valore e poi spesso ritrovarle, molti sono solo falsi allarmi. e soprattutto non è proprio possibile perdere un computer. come diavolo si fa a perdere un computer? come diavlo faccio io a perdere un macintosh? me nemmeno se hai dormito solo tre ore la notte dopo aver guidato nella nebbia, se la mattina sei salito sul motorino con lo zaino inconsapevolmente lasciato aperto, se piove e tu sei assorbito da tutti altri pensieri. nemmeno in quel caso puoi non accorgerti di un computer che ti casca da dietro la schiena. è impossibile. io non me ne sono accorto. è possibile.
a quel punto miriam va al bancone, io chiamo a casa per vedere se l'ho lasciato lì e naturalmente è inutile perchè ricordo perfettamente di quando l'ho messo nello zaino, allora vado al bancone pure io e dico che devo scappare e miriam ma nemmeno il caffè ti prendi? e io c'ho i nervi impazziti e afferro la tazzina e mi butto il caffè in gola. tutto d'un sorso. senza zucchero. la gente si gira a guardarmi incredula e miriam dice sei uno scemo mentre mi contorco per le ustioni.
tutto il tragitto verso casa non porta a niente. nemmeno i giri aggiuntivi. credo proprio che mi sia caduto quando sono salito sul motorino, lì in via paesiello, ma non c'è niente. metto degli annunci in zona, di cui uno proprio vicino ad un portone dove presumo si sia sfracellato il mac e la sua custodia tucano rossa rossa.
non succede niente e mi rassegno.
e più o meno mezzogiorno e mezza quando vado in questura. all'ufficio denunce ormai mi chiamano per nome e mi chiedono stavolta che ho perso. poi il tipo decide che è meglio fare la denuncia per furto, che è impossibile perdere un portatile in quel modo senza accorgersene. io dico tranquillo va bene e me ne torno a casa riflettendo sul fatto che nel giro di qualche ora mi sono messo in più casini che se aprivo un mutuo c'avevo meno preoccupazioni.
non è più possibile vivere senza computer. io non posso. scatto in digitale, dove le metto le foto? e le email? e tutto il mondo che devo rintracciare in qualche modo? e google? oh, google! aiutami tu! io lo so che tu avresti la soluzione anche a questo... "ritrovare macbook pro", ma non lo posso digitare da nessuna parte! dov'è la tua barra di ricerca? come faccio? me ne devo comprare uno nuovo, e quale mi compro? quello costa troppo, quell'altro è lento, quello è brutto. senza contare che c'ho perso pure diverse foto... tutto il lavoro dell'ultima settimana. sono paralizzato. non ci voglio pensare. devo pure andare a londra e non so nemmeno a che ora c'ho l'aereo domani.
torno a casa e dopo pranzo mi stendo sul letto. mi sveglia simone alle cinque passate che vuole sapere se vado da lui o no per il caffè e io fondamentalmente non ho nessuna risposta ma soprattutto nessuna scusa. come quando i carabinieri fanno le retate alle sei del mattino per coglierti impreparato, che non c'hai scuse pronte. che gli puoi dire solo la verità o al limite, tra gli sbadigli, di avvali della facoltà di non rispondere. io con simone mi avvalgo più o meno di questa facoltà, almeno momentaneamente, dicendo tipo boh, mi dispiace. poi più tardi lo richiamo e gli spiego.
il sonno pomeridiano mi ha fatto sciogliere tutti i nodi ai nervi delle ore precedenti. una sorta di stoicismo nei confronti dell'insuperabile accoppiata sfiga + capa di cazzo prende il posto delle preoccupazioni. l'importante è che c'è la salute, dice rocco.
questa storia finisce la sera stessa a casa di antonio, a perugia, che brindiamo a turno tutti insieme per un motivo diverso e io brindo anche al computer che è stato ritrovato. proprio lì sul marciapiede in via paesiello, accanto al parcheggio del motorino. una signora eritrea, lo ha raccolto la mattina, ha visto qualche ora dopo il mio annuncio sul portone e mi ha chiamato mentre stavo tornando in umbria. lo è andato a prendere miriam, sembra pure che funzioni.
io questa signora non l'ho vista. se è eritrea dovrebbe essere abbronzata. se è abbronzata è un'immigrata. se è un'immigrata è potenzialmente pericolosa. se è pericolosa dovrebbe essere in carcere o almeno allontanata dal suolo italico. ma se la allontanano a me chi me li recupera i computer sui marciapiedi? io me lo immagino solamente questo angelo nero che è venuto dal corno d'africa ad abitare direttamente in via paesiello solo per salvare la vita alla gente. mandato da qualcuno a colorare una via grigia, a portare multietnicità in una strada piena di fiat e a raccogliere computer con la custodia rossa rossa. evviva l'eritrea e tutti gli abbronzati in via paesiello. evviva la signora che quando torno a firenze le porto un mazzo di fiori. promesso.

10 commenti :

eleonora ha detto...

magari ci rubano il lavoro e pure mogli e mariti, però sicuro non ci rubano i mac...

Annamaria ha detto...

Se ti può interessare io inizio la giornata con un bicchiere d'acqua..e poi il caffè.
Il mazzo di fiori se lo merita tutto :-))))

AntonioZag ha detto...

magari il marito è di Al qaida e ti gonfia di botte per i fiori...meglio i biscuitti....

Anonimo ha detto...

la signora asbu...mi ha anche lasciato il numero di telefono. dobbiamo andare!

mattia ha detto...

il tuo culo è superiore soltanto alla tua capa di cazzo

Annamaria ha detto...

hahahahhahahah fantastico !

eleonora ha detto...

mattia come sei saggio!!

boccaccino ha detto...

nessuno di voi può negare che in queste cose sia generalmente uno sfigato... ma una volta tanto...

Simone ha detto...

Cavolo ero troppo dispiaciuto...meno male che l'hai ritrovato...che culo!!!!!!!!!!!

boccaccino ha detto...

:)