25 settembre 2009

gli ultimi giorni d'estate. (2/2)


siamo arrivati bellissimi nel soggiorno della mamma di elisabetta. è un soggiorno bello, con un muro bucato in mezzo, con tanta luce che stiamo al settimo piano, con una porta a vetri colorati in un angolo, con un buffet per ammazzare il tempo. al di là della porta a vetri colorati c’è l’inavvicinabile sposa che si sta facendo bianca e rossa per la cerimonia. al di qua della porta a vetri colorati c’è un esercito di emozionati che si danno il cambio perchè tutti non ci stiamo e fa un caldo della madonna e antonio zagarese c’ha due pozzanghere sotto le ascelle che quasi deve tenere chiusa la giacca.
ad un certo punto, dopo una visita al pianerottolo, ritorno in soggiorno e, proprio come prima dei concerti che tutti quelli seduti sul prato se ne stanno tranquilli finchè non arriva l’incomprensibile in prima fila che si alza e tutti ad alzarsi svogliati, qualcuno aveva deciso che nell’arco di cinque minuti elisabetta sarebbe uscita dalla porta a vetri colorata. tensione al massimo, colonna sonora sibilante, nessuno si muova per l’amor del cielo, vabbè, allentiamola sta tensione, in fondo è un soggiorno, ti siedi, parli, cammini, no! non ti muovi! immobile che sennò dai fastidio. il mio problema principale è stata una signora dai capelli bianchi dall’aspetto di una zia che per mezz’ora non ha fatto altro che dirmi che le impallavo una probabile foto alla sposa imminente. adesso, signora, lei ha una macchinetta digitale degli anni novanta, di quelle con la risoluzione in kilopixel, ottica fissa quindi presumibilmente un medio grandangolo, si è messa a cinque metri dalla porta a vetri colorati in fondo ad un corridoio di persone che si chiuderà un secondo dopo aver immaginato un “eccola”. signora, non mi può venire a rompere i coglioni a me (per di più in maniera preventiva) se già sa che la foto le verrà una cacata. abbia pazienza. ma la signora non ha pazienza e io cerco di mettermi sorridente da una parte e poi elisabetta esce biancorossa e io penso a roberto baggio quando stava al vicenza. tanto per non pensare ad altro.
baci e abbracci e poi tutti alle macchine che si va al comune e l’ascensore è pieno allora prendo le scale sette piani a piedi tanto è a scendere e accanto a me viene la signora di prima e parliamo “di fotografia” e io non ce la faccio e per cambiare discorso al quinto piano le chiedo imprudentemente chi è lei, nel senso... chi è lei? e quando arriviamo in strada non ha ancora finito e io mi defilo.
si sposano di fronte al sindaco, tra i due testimoni, davanti ai parenti e agli amici, al centro di un bel chiostro, sotto al riso, ma soprattutto in mezzo alle orbite del fotografo ufficiale che pareva dirigere tutto lui. a volte i fotografi hanno potere.
a questo punto si va tutti a mangiare e quando i giorni prima fantasticavo su un post da scrivere sul matrimonio immaginavo che mi sarei soffermato sugli inevitabili fasti barocchi del banchetto, sugli eccessi meridionali che inevitabilmente (e per fortuna, spesso è quello il bello) hanno luogo in cerimonie di questo tipo, sull’enorme quantità di cibo e di gente che non si capisce niente, sudi e basta. e invece no. mi sa che mi fermo qui. non voglio rovinare tutto perchè tutto è stato bellissimo, fine, elegante e piacevole: il posto sembrava un giardino nascosto con un atmosfera di fine settecento (non ho la minima idea di quale sia un’atmosfera di fine settecento, qualcuno lo ha detto appena arrivati e io faccio finta di intendermi di atmosfere); il cibo era buonissimo e i quasi duecento invitati non si sentivano affatto; certo ci siamo stancati ma il tutto è finito anche abbastanza presto; ci siamo divertiti, emozionati e rilassati e che siamo stati bene di nuovo tutti insieme.

no dai, due fesserie le voglio dire. tanto per cominciare vorrei sfatare un luogo comune. le ragazze che in queste occasioni non vedono l’ora di mettersi scarpe improbabili sulle quali non sanno camminare, patendo una dolorosa scomodità che dopo due ore le costringe a ricorrere alle scarpe di riserva. vorrei proprio sfatarlo. ma non mi viene. magari un’altra volta, se mi capiterà fare un post su un pic nic...
e poi ad un certo punto ho fatto partire un messaggio audio di ratzinger. un montaggio pensato appositamente per quel matrimonio e la gente si chiedeva chi avesse messo il papa, all’inizio sembravano seccati, ma che è sta cosa, però poi hanno riso e mi sono venuti a fare i complimenti. troppo eccezionale, o una cosa del genere.
ah, auguri a davide incoronato regino per la sua impareggiabile eleganza e ad annamaria che gli rovescia addosso un bicchiere di aglianico per invidia. dopo i secondi abbiamo fatto la consegna dei regali però elisabetta all’inizio era un pò occupata e ha dovuto chiedere il permesso al fotografo ufficiale, il quale con la faccia rassegnata e accondiscendente le ha concesso qualche minuto. a volte i potenti sono buoni. ma mentre la aspettavamo antonio ha trovato dei limoni presumibilmente caduti dall’albero dei limoni e li abbiamo calciati lontano. la necessità pomeridiana di giocare a pallone anche vestiti da adulti, perchè in fondo c’è del prato, ci sono dei limoni, c’è dell’infantilità italiana.
e alla fine c’è stato il buffet dei dolci che praticamente funzionava così: tutte le duecento persone si trasferiscono di corsa in un’altro locale allestito per lo scontro. dopo un minuto ai tavoli restano solo tre o quattro diabetici. le duecento persone si sono appena alzate da un pranzo di matrimonio ma si sono dimenticate tutto e vogliono solo mangiare più dolci possibili. tutte insieme in piedi al centro di due sale collegate a guardarsi in faccia aspettando impazientemente il taglio della torta. la torta nuziale. e le foto. forza ma quanto cazzo ci mettono. e i camerieri dietro i tavoli iniziano ad agitarsi, sono visibilmente preoccupati e la tensione aumenta, qualcuno grida qualcosa e allora il maitre dà l’ordine ai camerieri di mettersi i caschi. il che rappresenta un affronto e allora un tipo si frega un pezzo d’ananas. e mentre stava per esplodere l’assalto il maitre seda gli animi di entrambi i lati dicendo che non fa niente, che bisogna aspettare ancora, era solo frutta fresca e il tipo era una persona anziana. gli sposi tagliano finalmente la torta, c’è una prima carica massiccia e io mi mangio la torta ricotta e fichi cercando di riflettere sul comportamento dell’essere umano in presenza di abbondanti zuccheri gratis.
intanto fuori tutto diventa più buio e più blu e dalle finestre della sala esce una luce gialla, le risate, i saluti e il rumore di tazzine di caffè. poi inizia a piovere tanto, come una diga che viene giù finalmente.

2 commenti :

boccaccino ha detto...

commento di tania via skype:

robè io mi pensavo che quel giovane della foto era lo sposo, così distinto ed elegante, e poi tuo padre mi ha detto che invece è quell'altro ragazzo che era venuto a pontelandolfo. e io ho pensato a come cambiano le cose. me lo ricordavo con la faccia e tutti i ricci n'capa e adesso è così sistemato.

StefanoDM ha detto...

beh in effetti si.. ma eravamo tutti sistemati!!!
cia dal ragazzo senza più i ricci