27 febbraio 2008

fotografo è un verbo

mi chiama giapiero (si scrive proprio così, nel dubbio, senza m nè n) dicendomi che quella sera sarebbe andato al compleanno di un suo amico argentino. non lontano da casa, nei pressi del naviglio pavese, ci arrivavamo a piedi. chissà come mai non avevo niente di meglio da fare e gli dico di passarmi a prendere.
il locale è solo un bar, l'argentino è un amico del proprietario e offre da bere agli invitati e pure agli amici degli invitati. siamo in anticipo ma prendo lo stesso una birra iniziando a capire dove mi trovo. giapiero è un appassionato di musica popolare e tutta quella gente l'ha conosciuta in un modo o nell'altro suonandoci insieme tarantelle o danze slave. c'è anche un russo che azzecca più congiuntivi di quanti possa contarne. impressionante. io un altro pò sbaglio anche a dire come mi chiamo. roberto, mi chiamo roberto. e intanto il posto pian piano si riempie.
in un inzio qualunque di una conversazione qualunque un tizio mi chiede che lavoro faccio. io rispondo mah... fotografo. mah... fotografo. prima di tutto "mah...", che c'è sempre, forse spia di insicurezza. la mia risposta a domande del genere parte sempre con un mah... inevitabile che quasi sembra essere diventato la risposta, e che si è trasformato quasi in un appellativo: avv. ing. dott. prof. on. mah... e poi fotografo che non è un sostantivo, una professione, ma un verbo. insomma, che fai nella vita? mah... fotografo. che magari quello dall'altra parte avrà pensato cazzo se la tira questo... in effetti è una risposta che capisco solo io, qualche volta. eppure la domanda era semplice, senza troppi congiuntivi.
il caso ha voluto che anche il tizio di cui sopra fosse un rarissimo appassionato di fotografia digitale. e parte una conversazione qualunque in una mezz'ora qualunque. anzi prima vado a prendermi un'altra birra che aiuta la loquacità e smussa i congiuntivi e poi riesco fuori ad ascoltare e dire sì. è ottobre ma anche un pò maggio e fuori si sta bene.
ad un certo punto il tutto prende una piega molto più interessante. il tizio se ne esce con: come te la cavi con il bianco e nero? tutti i suoni si azzerano e la telecamera mi inquadra in un primo piano quasi primissimo che enfatizza la mia espressione da triglia a singapore. devo averlo guardato per buoni 15 secondi con la faccia di un chitarrista che si trova a dover rispondere ad uno che gli chiede come se la cava col sol minore. o col re settima. poi mi scuso, non so cosa dire, dico che ero un attimo sovrappensiero e poi accenno un ...bene...
fortunatamente il russo era appena uscito con la chitarra rubata all'argentino che all'interno suonava flamenco (???). non contento di avermi già sconvolto con la sua totale padronanza dell'italiano, decide di continuare parlandomi delle sue radici uraliche e suonandomi, allo stesso tempo, una pizzica salentina, aiutato da percussionisti di cassonetti e ringhiere. mi avvicino sorridendo e faccio pure due foto. a colori che non si sa mai...
me ne torno a casa ridendo con giapiero per tutto il tragitto.
e prima di dormire chiamo miriam.

5 commenti :

mattia ha detto...

e poi?e quindi?

Luigi ha detto...

ammazza e quanto è bloggico 'sto post! oh, più diario di così...
come dire... mah bloggo!

Anonimo ha detto...

Attention please!
->> Remove Viruses! <<-

mattia ha detto...

robè, metti qualche filtro

Anonimo ha detto...

...e tu lo devi coniugare!