30 marzo 2015

Il rischio degli altri.



Da grande voglio fare il disastro aereo, così tutti avranno paura di me.

Che fare il pilota, è vero, non è cosa da tutti, ma poi non è nemmeno così impossibile. Basta vederci bene, non essere troppo alto, non essere troppo povero, non soffrire di vertigini (e poi puoi avere paura degli squali, quello non conta, e io ho da sempre paura degli squali). Per fare il disastro aereo, invece, ci vuole un qualcosa in più. Solo in pochi ce la fanno, pochissimi consapevolmente.

Prima da grande volevo fare l’ufo, che comunque si tratta di volare e di mettere paura, però poi ho capito che molta gente non mi avrebbe mai creduto. E io invece voglio essere riconosciuto, voglio lasciare le prove. E anche quando non si dovesse trovare niente dell’aereo e dei passeggeri, almeno ci sarebbe l'evidenza che prima qualcosa c’era, e adesso non c’è più.
Voglio essere immaginato e voglio trovare spazio nel sonno delle persone, che alla fine finiscono per non dormire, sapendo che un rischio c’è. Da grande voglio fare il rischio degli altri, quello che quando devi prendere una decisione ci metti più tempo perché ci vuoi pensare. Ecco, io voglio essere quel tempo lì in mezzo, quello che non sai se partire o no. Se ci vuole più coraggio a partire o a restare. La domanda classica e banale a cui nessuno sembra possa rispondere perché poi dipende. E invece non dipende, ci vuole più coraggio a partire; ma il punto è che non vuol dire, per questo, che partire sia meglio. Ci vuole anche più coraggio ad abbracciare un cactus che a non farlo, e magari è pure una bella esperienza. Ma non per forza, diciamocelo. A volte si sta meglio lontani dai cactus.
Da grande voglio fare il cactus pieno d’acqua, voglio fare la pianta nel deserto, e il deserto attorno alle città. E tutti avranno timore di uscire dalla città perché non si sa cosa si trova in quel deserto lì fuori. Quelli che ci sono stati e che sono tornati dicono che non c’è niente, ed è per questo che fa paura. Da grande voglio fare la paura di quando non c’è niente.
Diranno che sarò stato egoista, depresso, malato. Già me lo immagino, diranno un gesto inspiegabile, fuori da ogni controllo, fuori dal sistema. Si diranno increduli, che era tutta la vita che studiavo per imparare a volare. E invece io era tutta la vita che cercavo solo di capire per bene come cadere.

3 commenti :

io ha detto...

mi piace sempre come riesci a sovvertire l'ordine o le logiche comuni.
Questo è un cazzo di blog anarchico!
Bello!!

boccaccino ha detto...

E in effetti le letture del momento sono un po' quelle lì. Grazie.

io ha detto...

non ho capito...nel senso che le tue letture attuali sono quelle lì?

ps: ehi! ho appena scoperto che i Chumbawamba hanno esordito come gruppo anarcho punk!