28 febbraio 2011

lana di vetro.

mi hanno dato questo appartamento tutto per me. è un appartamento di quelli che uno ci vorrebbe proprio vivere dentro. e ci sono due stanze belle grosse con il parquet per terra, il riscaldamento a palla e la cucina piena di spezie e basta. sarà solo una cosa di qualche giorno, penso, però ho delle chiavi di una casa mia e non posso far finta di niente. devo fare quello per cui ho aspettato tanto e questo è il momento. devo ospitare qualcuno. chiamo l’unica persona che conosco ad odense, asbjørn, che si pronuncia espian, compro delle birre e quando arriva - con altre birre - gli dico ciao espian quella lì è la tua stanza e lui dice va bene, e ci si trasferisce per i successivi quattro giorni.
quella sera la passiamo a capire che ne era stato di noi a distanza di un anno e un pò. dall’ultima volta che ci eravamo visti, l’ultimo giorno di scuola, da quando ormai l’ultima cosa rimasta da fare era non pensarci. lui si fa grasse risate quando gli racconto quello che era successo quella sera che era troppo ubriaco, quell’ultimo giorno di scuola al friday bar, quando ha incontrato la sua ragazza di sempre e quando aveva abbracciato la mia per presentarsi, per tipo due minuti strettissima e lei mi aveva guardato del tipo dove diavolo mi hai portata e lui era solo molto ubriaco e non è mai stato una persona cattiva tanto che ci beviamo tutte le birre e io la mattina dopo mi sveglio alle undici meno un quarto.
il mal di testa è piuttosto vago, confuso in un ovattamento generale che sembra che dentro sono pieno di lana di vetro che non è una bella sensazione. la lana di vetro isola un pò da tutto. ho un appuntamento al museo alle undici, dice che devo fare un tour privato della mostra per lo staff. non è che ho capito bene, in verità, che devo fare. so soltanto che qui sono tutti carini e mi trattano come se fossi veramente un artista e mi danno un appartamento e dei soldi per le piccole esigenze quotidiane e mi invitano a fare colazione e a parlare dei progetti. mi butto sotto la doccia, infilo una mano nello zaino e mi vesto con quello che ne esce fuori, e mentre esco di casa che saranno le undici e cinque mi chiama il direttore del museo per capire che fine ho fatto e io gli rispondo che sono praticamente arrivato.
nonostante la doccia, l’ovattamento da lana di vetro non è che se ne sia proprio andato e a dirla tutta la mia mano non è stata troppo fortunata quando ha tirato fuori dei vestiti dallo zaino. insomma arrivo al museo con un fascino tutto italiano. o almeno è come tento di farlo passare.
salgo al primo piano dove è allestita la mia mostra, in una sala grande e bianca, illuminata come si deve, con i testi in due lingue appiccicati lettera per lettera su due muri che fanno angolo.
quando entro ci sono una ventina di persone che appena mi vedono si mettono quasi automaticamente a semicerchio intorno. ci sono pure due o tre persone con una telecamerona su un cavalletto che fanno molto troupe televisiva, e da tutto il mucchio esce fuori il direttore del museo che dice qualcosa come eccolo e poi dice il mio nome. tutti sorridono che sembra la pubblicità di un dentifricio. io mi tolgo il cappotto pensando che anche questa volta ho sottovalutato qualcosa. più che qualcosa. appoggio la mia roba su una sedia, mi guardo intorno ed esordisco con buongiorno, scusate il ritardo.
la mattinata passa che io parlo un sacco e la gente mi fa domande e poi i tipi con la telecamerona si avvicinano e dicono se mi possono fare un’intervista. e io dico che stamattina ho un look molto italiano e non pensavo di dover finire in video e loro dicono come no? e in ogni caso il look italiano va benissimo. va benissimo, ripeto. e poi arriva una radio danese che vuole sapere altre cose e io gliele dico e la radio se ne va molto contenta e pure io torno a casa molto contento. mi sento un pò la persona sbagliata nel posto sbagliato al momento sbagliato. però forse è così che funziona. e visto che non lo so decido che sì, dev’essere proprio così che funziona, e sono contento.
insomma torno a casa e voglio dormire un’oretta che alle cinque c’è l’inaugurazione e visti i presupposti sarà una cosa che io arrivo molto teso, con un sacco di gente che non conosco e magari devo pure parlare di nuovo davanti a tutti e che dico? faccio i ringraziamenti? chi ringrazio? allora ringrazio prima di tutto dio, che fa molto esotico… no no, che dio, sarebbe proprio barare… ringrazio prima di tutto la mia famiglia, poi tutti quelli che hanno reso possibile questa mostra, ringrazio l’istituto italian… no no che palle. allora ringrazio non le cause di questa mostra, ma il fine, ciò che mi a spronato affinchè lo potessi raggiungere… faccio un ringraziamento filosofico, esistenzialista, spiego quale mancanza cerco di colmare con certe cose, a che cosa tendo, che cosa cerco di sublimare… e insomma mentre ci penso mi addormento e per fortuna mi scordo tutto.

arrivo in orario, fortunatamente, e tutto procede con talmente tanta disinvoltura da parte di tutti che io mi sento anche troppo a mio agio e qualcuno mi sta facendo una foto con dei fiori che mi ha portato anna, un'amica svedese, e qualcuno da dietro mi fa le corna e tutti sorridono e sorrido pure io perchè me ne sono accorto e allora allungo il braccio cercando di colpire il simpaticone nel basso ventre. nel caso di specie la figura del simpaticone è interpretata dal direttore del museo che si scansa e io mi giro e ci guardiamo negli occhi e io penso ecco fatto. tutti zitti. poi lui ride moltissimo e io pure. moltissimo.
alla fine di tutto, dopo l'inaugurazione, i discorsi introduttivi, gli abbracci, il rinfresco, le strette di mano e tutte quelle cose che avvengono quando decine e decine di persone si raccolgono in una stanza vuota a guardare i muri, ce ne andiamo tutti a cena in un ristorante molto esclusivo, tanto paga il museo.
verso il finire, mentre continuo a spalmare burro salato su pezzetti di pane, penso che tutto questo ha un senso che però non credo di aver capito. cioè qual’è la ragione per cui si stampano delle foto grandi e si montano e si spediscono e si fa un catalogo con il mio nome sopra e si mandano centinaia di inviti e migliaia di email? la ragione per cui quasi una decina di persone lavora intorno a questa cosa per mesi, per cui si coinvolge la stampa, per cui ti chiamano per farti le interviste in danese, inglese e italiano e tu rispondi a tutto in meridionale? e per cui c’è gente che si fa i chilometri per incontrarti all’inaugurazione e chiederti se poi la vuoi organizzare anche con loro, per cui si investono dei soldi, si offrono delle cene ed espian che era invitato ringrazia me e io non capisco? qual'è la ragione? sono io la ragione? sono io da solo che ho mosso così tanto? no che non sono io. neanche fossi mosè. lo so e lo capisco che non è così. io ho solo parlato con delle persone o stampato delle foto o mandato delle email, cercando di essere contento quel giorno lì che lo facevo. mica stavo a pensare che volevo una cena di pesce offerta in un "ristorante esclusivo" o tutto il resto. uno si muove giorno per giorno, una cosa alla volta, per poi tornare a casa e aspettare che magari fiorisca, tutto qua. che per le cose belle ci vuole pazienza.
e mentre penso tutto questo cerco di vedermi da lontano seduto in un ristorante a mangiare cibo in corone e fuori è sottozero e c’è la neve. e le strade di questa piccola città bionda sono tutte deserte e silenziose finchè non usciremo noi per andare a festeggiare nel bar più vicino e intorno alla città ci sono chilometri di buio fino al mare e si vedono solo le luci dei centri più grossi, sulla costa e poi anche nel continente, più a sud. e da lontano si vede pure casa mia, da qualche parte. e io sono un puntino piccolo piccolo e lontano da tutto. ma pieno, completamente, di lana di vetro.

6 commenti :

AntonioZag ha detto...

quant si bellill!

eleonora ha detto...

la curva di ultrà è in delirio...bocconcino è meglio e pelèèèè...

pk ha detto...

grande bob!!!

sono contento che sia andato tutto bene,
poi quando si scrocca una cena di pesce non si puo chiedere di piu!

un abbraccio dalle Ande,

pk

boccaccino ha detto...

ma ancora nelle ande stai? ma la vogliamo smettere? :)

Lorenzo ha detto...

Grande Robbè!

Lorenzo ha detto...

Grande robbè!