10 febbraio 2011

la mostra è la moglie del mostro.

in viale dei rettori c’ho abitato dagli zero ai cinque anni, producendo principalmente cacca e ricordi. oggi, sotto quella che una volta è stata casa mia, c’è un piccolo ufficio postale, di quelli con tre o quattro sportelli, la clientela abituale, i bollettini e le raccomandate, i numeri della fila chiamati a voce tipo tombola, gli impiegati annoiati dalla routine e allo stesso tempo sorridenti, perchè le novità, in fondo, so problemi.
stamattina io ero appunto la novità.
entro con in braccio un pacco grande abbastanza affinché l’ufficio postale si faccia come una tomba non appena lo metto a terra aiutato da mio padre.
il vociare tipico di un ufficio pubblico è scomparso e tutti ci guardano, immobili. da dietro al bancone si alza un impiegato, l’unico maschio in verità, e fa per schiarirsi la voce e, mentre ci fissa, un pò si guarda attorno. tutti aspettano la sua reazione. finamente domanda (urlando da lontano - noi siamo ancora fermi all’ingresso):
- ma voi mica lo volete spedire quel pacco?
io lo guardo e penso “adesso sicuramente non più” e mentre sto per dire qualcosa mio padre mi supera da dietro, gli si avvicina e gli spiega che la nostra famiglia ha questa tradizione che quando entriamo in un ufficio postale con un pacco imballato e affrancato tendiamo a volerlo spedire. questo in linea di massima. poi c’è sempre la possibilità che uno si trova a passare per pagare una bolletta e intanto ha dietro uno scatolone 97x66x45 cm che trasporta in due. ma non è questo il caso. stamattina quel pacco lo vogliamo proprio spedire.
quando l’impiegato capisce che il suo tentativo di salvaguardare la tranquillità della mattinata è fallito, chiama a raccolta la direttrice e una signora che si dimostra subito essere l’esperta di spedizioni. con un’analisi rapidissima capisce immediatamente la situazione e, sempre dal lato opposto dell’ufficio, visto che ancora non mi sono mosso dall’entrata, esclama che il pacco è troppo grande, non si può spedire, fino ad un metro e mezzo, è fuori misura, è impossibile, le regole e le dimensioni. quando ha finito mi avvicino lasciando lo scatolone all’entrata e le dico che il pacco è in regola. basta leggere dietro la lettera di vettura. o su internet.
- poste italiane dice che lo posso spedire. lei che dice?
- eh sì, è che sto senza occhiali e non mi ero accorta bene delle dimensioni da lontano.
- lei da lontano ci vede più grande?
- non leggevo bene.
- può succedere quando si fanno le stime all’entrata… ora che ci penso potrebbe fare la buttafuori signora…
- grazie.
- si figuri… comunque, lo spediamo?
- ehhhh….
tutto l’ufficio postale si guarda negli occhi.
poi la direttrice sospira e dice che va bene. in quel momento riprende tutto il brusio di prima e ognuno sembra continuare a farsi i fatti propri. la tombola continua, i bollettini pure, le ricariche postepay, la signora con la spesa che magari passa avanti che c’ha la roba da mettere nel frigo, la gente che si incontra e si chiama per nome e in questo bellissimo ritratto di provincia passano due ore e io sto ancora lì che aspetto che si risolvano tutti i problemi per la spedizione internazionale.
la direttrice è una donna scollata e ingioiellata, che è entrata nel panico un’ora prima quando non si capiva perchè il computer non accettasse il pacco e richiedeva tanta modulistica aggiuntiva.
modulistiche che io firmo. firmo tutto. autocertificazioni? dichiarazioni per la dogana nonostante vada in danimarca? fatture pro forma? certificati di nascita? dediche sui libri? va bene tutto. purchè finisca. purchè riesca una volta per tutte a spedirla questa mostra che non ne posso più. e bisogna dirlo a tutti che c’è una mostra nello scatolo, perchè sennò non te lo fanno passare. c’è una mostra e tutti un pò si spaventano. come se fosse davvero la moglie del mostro.
quando è più o meno l’una e pare che è tutto a posto, qualcuno dice che il pacco va inserito in un sacco per la spedizione. si tratta di un sacco a righe con scritto poste italiane sul lato. fatto dello stesso materiale delle buste ikea. mi sembra tutto sommato un sacco piuttosto semplice, direi superfluo. invece superfluo assolutamente non è! la procedura parla chiaro e ci vuole! come capisco pochi istanti dopo, la particolarità di questo sacco, per la quale è assolutamente necessario che contenga i pacchi in spedizione, è il fatto che è sistematicamente più piccolo di tutto e quindi crea situazioni varie e la gente ha di che parlare la sera a casa. tipo io adesso.
prima proviamo in due a inserire lo scatolone nel bustone ikea, poi in tre. poi inizia ad avvicinarsi tutta la gente in fila e ognuno tenta di dare un contributo. una signora suggerisce di evitare il sacco, cosa alla quale sono completamente d’accordo, ma non veniamo ascoltati. ormai la questione prescinde completamente dalla mia volontà. le persone in attesa, ma soprattutto gli impiegati, hanno un rapporto completamente autonomo con la spedizione e tutti vogliono dire la loro. ovviamente senza che nessuno ascolti. si propone ti tagliare il sacco, o di ridimensionare lo scatolo, si consiglia di aprire tutto e reimballare da capo, si dice un rosario, si attacca la cita dalla jacuzia, si friggono delle zeppole, si telefona a bologna.
mentre aspettiamo il responso telefonico di bologna, dove pare ci sia il maggior esperto nazionale per le spedizioni voluminose all’estero e la pastella per le zeppole mi avvicino alla signora che dovrebbe essere la specialista locale, quella della guerra preventiva all’entrata.
- ma ce lo dobbiamo mettere proprio questo sacco?
- e come no… sennò come si fà?
- e come si fà? si fa senza…
- guardate, giovanotto, io ve lo dico sinceramente… io ve l’avevo detto che secondo me era grande il pacco… ma voi avete voluto insistere…
- insistere?
- essì… io ve l’ho detto dall’inizio che non lo prendevamo.
- signora, io mica gliel’ho chiesto come favore! io sto solo sfruttando un servizio che poste italiane offre… perchè lo offre! purtroppo non funziona più a buon senso signora, funziona a numeri. se i numeri dicono che si può fare allora c’hanno ragione e nonostante nessuno sia preparato per certe cose, qui siamo sempre in un posto dove si spediscono cose. anche fino in danimarca. anche cose un pò grosse. sono le poste signora… lei lavora per le poste o sbaglio?
- da più di trent’anni.
- mi dispiace.
- e che vogliamo fa giovanò, ognuno tiene i guai suoi.

5 commenti :

mattia ha detto...

ti sta bene.mai affidare le cose importanti alle poste italiane

boccaccino ha detto...

stai cercando di portare sfiga?

boccaccino ha detto...

per la cronaca. il pacco è arrivato ora. non so il che condizioni, ma è a destinazione.

Luigi ha detto...

la prossima volta ti consiglio vivamente di andare alle poste centrali...
ci sono più persone che dicono la loro, più zeppole, più bologne.

Erre Quaranta ha detto...

C'è del marcio nel pacco in Danimarca.
Sembra che ci sia roba caruccia da leggere qui, ci ripasserò per farmi altre due risate. Ciao