di notte il porto canale è illuminato dai lampioni della strada accanto e da qualche luce dalla finestre e da qualche paio di fari ogni tanto e mi chiedo io che diavolo ci faccio alle tre di notte davanti al bar del molo. ci sono tre pescatori seduti ad un tavolo fuori che parlano della schiena o della sciatica, sicuramente di fatica. e sulla porta c’è una tendina fatta di fili di plastica logori, distanti l’uno dall’altro quel tanto che basta per guardarci attraverso, verso l’interno del bar, dove non c’è niente da guardare.
- un caffè per piacere. anzi me lo faccia doppio che sennò poi mi addormento.
- devi andare in mare?
- eh sì, esco con quella barca lì.
- ti vomiti?
- non lo so, è la prima volta. spero proprio di no…
- ti vomiti, ti vomiti…
fuori arriva il capitano con suo figlio e un altro marinaio e si mettono ad aspettare l’ennesimo salvatore. sono appena uscito dal bar e il capitano mi vede e si avvicina.
- ah, ma allora venisti!
- eh sì, gliel’avevo detto…
- ma sei sicuro? ci sei mai stato in mare?
- approssimativamente…
silenzio e sguardo di traverso.
- perchè se stai male non ci torniamo indietro a portarti a terra.
- non si preoccupi. corro il rischio, per una volta. che sarà mai?
ma chissà perchè, penso, tutti sono così pessimisti. è il mare, è il loro elemento. dovrebbero dire, al contrario, statti tranquillo che pure se ti gira la testa poi passa.
- ce l’hai lu pinnulo?
- la pillola? sì l’ho comprata. solo che porta molta sonnolenza e già sono le tre di notte e già ho dormito due ore e poi non è che mi capita così spesso di salire su un peschereccio. insomma poi la prendo all’occorrenza...
- amuninni!
la prima mezz’ora di navigazione si passa a capire come fare a non cadere a mare. fondamentalmente un peschereccio ha questo tipo di simpatiche caratteristiche: tutto è bagnato, ovviamente, soprattutto il pavimento. cavi di acciaio cattivissimi che attraversano il ponte, attaccati ad un verricello grande come camera mia a copenhagen. direi un verricello abitabile. reti e pescatori che si mischiano e possibilmente tu sei sempre nel posto sbagliato. motore assordante sempre e puzzolente a tratti. gente che ti chiede ogni venti secondi come ti senti. un ondeggiare testardo e costante. e per costante vuol dire che il mare non si ferma mai, il peschereccio nemmeno perchè va a strascico, l’unico che può cedere sono io. e poi vorrei pure vedere se con tutto quel casino non diventi pallido e non ti senti lo stomaco accartocciato allo sterno.
fatto sta che passo tutta la prima parte della notte, fino a dopo l’alba, praticamente immobile, quasi sempre seduto, aspettando rassegnato di spegnermi. poi succede che il mare si calma, la barca va più piano, la pillola fa effetto, esce il sole, insomma riprendo vita, riprendo colore e inizio a godermi la giornata di pesca.
verso le dieci tutto l’equipaggio si è ormai accorto che sto meglio, tanto che le domande sul mio stato di salute ci sono quasi solo ogni due minuti.
- si vede che c’hai lo stomaco fermo, che non ti hai vomitato!
- eh… grazie…
- nemmeno io la prima volta che sono andato in mare mi ho vomitato. stavo male, mi girava la testa, poi mi è passato. adesso vedrai che ormai il mare non ti fa più niente nemmeno a te.
- io quando ho cominciato sono stato malissimo - interviene peppe, il figlio del capitano - per un anno un’anno e mezzo è stato troppo brutto. mi prendevo la pillola ma se ti devi vomitare ti vomiti lo stesso. se la barca non era la mia cambiavo mestiere.
- lo vuoi un panino robbè?
- ma veramente non mi pare il caso. cioè vabbè che sto meglio, ma non credo che va bene se mangio. meglio rimanere digiuni.
- ma no tranquillo che ormai se ti è passata stai bene sempre! e poi il pane aiuta, asciuga!
- senti, non lo so, magari lo assaggio solamente, non vorrei esagerare...
- te ne faccio metà, non ti preoccupare… solo per metterti apposto con lo stomaco.
io onestamente non pensavo che potessero essere panificati dei panini di certe dimensioni.
la mattinata procede per il meglio. il pesce arriva, faccio qualche foto che non mi piace, mi prendo il sole, e torniamo in porto che è pomeriggio dopo aver imparato molte cose nuove. tra cui la principale è sicuramente, vista la mia ipocondria, il nuovo principio attivo che salva la vita. il dimenidrinato. agisce come un sedativo ed è utilizzato appunto contro la cinetosi, ovvero il rincoglionimento dell’apparato vestibolare a causa di un’eccessiva stimolazione. ah! la gioia dei libretti illustrativi!
arrivati in porto c’è l’ultima prova della giornata: far capire a quelle quattro persone con cui hai condiviso la mattinata, con cui hai riso e scherzato, con cui sei stato bene, hai parlato, ti ci sei fumato le sigarette, mangiato i gamberi, rincorso i polipi, insomma gli devi far capire che gli vuoi bene anche se non accetti una cassetta di pesce o un’aragosta. che il problema è che non hai un posto dove metterlo quel pesce, dove cucinarlo. è un problema logistico, non di affetto.
- ma non ce l’hai una cucina in albergo?
- eh no. è solo una stanzetta col bagno.
- e giù non ce l’hanno?
- no, già ho chiesto. ma poi sarebbe troppo comunque. io sempre uno sono, mica mi mangio sei chili di pesce. grazie lo stesso veramente. come se avessi accettato.
- e un fornelletto a gas? non ce l’hai un fornelletto a gas?
- eh no non ce l’ho il fornelletto a gas, mannaggia. stavolta non ce l’ho.
- vuoi venire a casa mia, ci facciamo una frittura?
- salvatore ti ringrazio ma ti ricordo che sono le quattro e mezza di pomeriggio, è luglio e siamo quasi in africa. per di più sono sulla terraferma ma la mia testa ancora non lo sa, e se adesso non me ne vado a casa a dormire ti muoio qui davanti e tu la prossima volta non mi puoi offrire più niente.
- va bene. come dici tu. ciao robbè.
- ciao savvatò!
4 commenti :
Che ti serva di lezione, il fornelletto serve sempre...
io la frittura non l'avrei rifiutata,mai
dopo undici ore di shakeraggio e due di sonno la notte prima magari sì...
ma tanto che è brutto sto mal di mare? comunque mi associo a Mattia, niente può permetterti di rifiutare una frittura di pesce...
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