13 settembre 2009

il distacco e la marmellata.

peter è un tipo della groenlandia. fa il pilota e vive abbastanza spesso a stoccolma. ha una piccola società di aeroplani da turismo a billund ed è in ritardo di un’ora. lo richiamo e mi dice cinque minuti così io esco fuori e lo aspetto sulla strada per quasi mezz’ora. quando arriva gli dico che non pensavo che in groenlandia la gente avesse la stessa percezione del tempo che hanno in argentina. lui un pò ride e poi comincia a parlare. peter parla sempre. è uno di quelli a cui piace la bella vita, a cui piace l’italia, a cui piace mangiare bene e guidare bene, a cui piace avere un pò di privilegi. ma è un tipo buono e c’ha la faccia da bambino.
mezz’ora più tardi sono dentro uno dei suoi aerei, quelli piccoli piccoli e leggeri. massimo quattro persone, dentro puzzava un pò strano, in definitiva un’ascensore...
alla guida c’è peter, che è un altro, non è quello di prima. questo qui è danese, è più biondo e lavora per il peter di prima. adesso mi deve fare da pilota per un photo-flight sopra il centro abitato di billund.
stiamo aspettando per l’ok della torre di controllo per decollare e io gli chiedo quanti anni ha. lui si gira e mi sorride come a dire lo so sembro giovane e tu sembri terrorizzato dal mio sembrare così giovane. però poi dice solo 25. e io dico come me. e mi ributto sul sedile di dietro che per fare le foto devo stare dietro il pilota. la ragione è che dalla parte del pilota c’è l’unico finestrino apribile e allora il piano è che lui sposta tutto il suo sedile davanti e io inginocchiato dietro mi affaccio e scatto. sperando di non uccidere nessuno quando la macchinetta mi sfuggirà di mano precipitando al suolo dalla nostra altezza di un migliaio di piedi.
in ogni caso non sono teso. non ho più paura di volare anzi è una cosa piacevole adesso. ho letto che la paura di volare è la paura del distacco. distacco dal suolo ma naturalmente anche distacco figurato. mi sembra una spiegazione piuttosto semplicistica. in effetti mi sembra una spiegazione del cazzo ma mia madre continua a chiamarmi e a dirmi che devo scrivere pulito. per quella che è stata la mia esperienza io c’avevo paura di precipitare con cento persone urlanti attorno. di morire con la cacca nei pantaloni. più che del distacco io c’avevo paura di un repentino ricongiungimento col suolo. quindi mi sento di dire ai vari psicologi e teorici della paura di volare che magari c’hanno ragione sulla questione pratica e metaforica del distacco, ma io aggiungerei una piccola appendice sulla paura di diventare marmellata. fine parentesi. insomma sono emozionato e cerco di restare concentrato su quello che c’è da fare. in fondo la concentrazione mi serve non tanto per le foto quanto per non combinare cazzate. e senza che me ne renda conto stiamo già decollando e prima ancora di prendere quota sono già accovacciato dietro il sedile e faccio foto. e sono anche abbastanza soddisfatto, ma è solo l’inizio e ho tante immagini che ancora aspettano e peter fa un giro che avevamo più o meno deciso a terra e poi finalmente arriva il momento che aspettavo da una vita. dopo ore e ore e ore passate su ace combat 2 ma soprattutto il 3 (con qualche piccola incursione negli ace combat più recenti della playstation2, ma poca roba) a sparare ad altri aerei, vederli sul radar e inseguirli, scappare dagli attacchi nemici, combattimenti aria aria e bombardamenti a tappeto... dopo tutto questo ho potuto finalmente urlare nella realtà (col finestrino aperto bisognava per forza urlare) dive! dive! e aveva un senso, cioè non è che stavo scherzando, infatti mentre lo urlo lui non ride e segue le mie indicazioni. e le foto che volevo quasi quasi le faccio.
il volo dura quasi un’ora e a furia di dive! dive! l’ultimo quarto d’ora diventa abbastanza preoccupante perchè il mio apparato digerente inizia a impazzire. piano piano sento la bocca dello stomaco bruciare e allargarsi e allora chiudo il finestrino e dico che va bene che possiamo pure pensare di atterrare che in fondo ho fatto mille foto e ne userò al massimo dieci. e lo dico verde, o viola, o bianco, o comunque un colore che è più in linea con qualcosa di tropicale che non con la pelle di uno sfigato. peter si gira, sorride, e poi prende la radio e chiede il permesso di atterrare.
fortunatamente a terra non succede niente, il mio stomaco torna normale in un minuto e il minuto successivo peter, il primo, il capo, mi dice che ridecolliamo con due aerei per fare le foto che servono a lui. bene.
e questa volta è quasi tramonto e voliamo fino a che c’è sole. ed è una cosa romanticissima e ho fatto pure delle foto romanticissime. e tutto è giallo tramonto romantico. e fa un freddo cane. ma proprio assai.

1 commento :

Luigi ha detto...

sei proprio un romanticone...