5 novembre 2008

yes we queens.

il 4 novembre scorso sono successe tre cose che rimarranno nella storia. perlomeno nella mia.
primo. sono entrato in un seggio elettorale a fare foto, un poliziotto si è avvicinato chiedendomi il tesserino da giornalista e, appreso che ero un freelance italiano, mi ha invitato gentilmente ad uscire. così... senza sparare! e io ho pensato che sono stato davvero fortunato a trovare un poliziotto che si era svegliato molto presto e magari era un pò stanco e che ha deciso che per una volta poteva anche non seguire le regole di ingaggio della polizia di new york e cioè spara che poi per tutto il resto c'è tempo.
secondo. non so se la notizia sia già stata diffusa, ma il nuovo presidente degli stati uniti è barack obama (lo scrivo così magari guadagno visite sul blog). e io quando è stato eletto ero negli stati uniti. non solo, ero proprio a nyc, cioè nella capitale (per modo di dire lo so, ma anche un pò per modo di fare) del mondo. in realtà non ho seguito lo spoglio in tv in attesa che fosse proclamata la vittoria: quando il resto del mondo aspettava i risultati io ero imbrigliato momentaneamente in un'altra storia, il che mi porta al punto tre.
terzo. questo tizio che si vede nella foto qui sopra si chiama derek o dereck o thereck ma tanto si pronuncia sempre derec. è il professore di inglese di eleonora, ma ha una seconda vita. quando non insegna fa il rapper, si fa chiamare skahlah e vive nel queens. ora succede che eleonora chiede al suddetto se gli posso fare le foto quando va a votare e documentare un pò la sua vita, lui accetta e ci diamo appuntamento per quel pomeriggio. da manhattan prendiamo la metro che ci avrebbe portato in uno dei quartieri messi peggio di new york, i vagoni piano piano si riempiono esclusivamente di gente di colore. dopo un'ora siamo al capolinea, un posto assurdo, niente a che vedere con manhattan. sembra quando super mario si ritrova nel mondo koopa e non ci capisce niente. e io in effetti mi sentivo un pò come super mario che mi infilo in questi treni che come i tuboni mi portano a scoprire nuovi livelli e mondi. e questo è un livello davvero difficile. the black one. giriamo un poco in questo posto dove io non ci capisco niente se non che non dovrei essere lì, siamo gli unici bianchi nel giro di miglia e miglia (che poi sarebero chilometri e chilometri e chilometri circa). i trasporti pubblici in queste zone non funzionano quasi per niente: zero taxi e bus messi male. così gli autoctoni si sono organizzati con dei van privati che fanni giri precisi e alternativi e accompagnano la gente dove deve andare. una via di mezzo tra taxi e pullman autorganizzati. noi naturalmente ne abbiamo preso uno per raggiungere il secondo livello. il viaggio è lunghissimo però piacevole: derec ci spiega che se fossimo stati soli saremmo letteralmente scomparsi. e che non bisogna fare domande. è l'unica regola in questa giungla: la gente si infastidisce a dare spiegazioni. viaggiamo in questo van per più di un'ora e più andiamo avanti più i nostri punti di riferimento rimangono esclusivamente dio e le stelle. ma nessuno dei due si vede a causa del mondo moderno. e così se per qualunque motivo la nostra guida non ci avesse riaccompagnato alla metro sarebbe stato subito game over. finalmente scendiamo da questa cazzo di navetta in un posto nel niente. un sacco di villette e casettine mezze abbandonate (che stamattina ho scoperto essere state tutte pignorate a causa dei mutui non pagati e la crisi che non c'hanno soldi). andiamo a votare. eleonora, tanto per cominciare, inizia a fare domande lì ai seggi violando la prima e unica regola di quel posto: niente domande. e in effetti le dicono che non potevano dare risposte. due foto a destra e a sinistra (io intanto mi ero dimenticato che ero lì per fare foto) e andiamo a procacciarci del cibo. caribbean food. comprato in un posto deserto circondato metà da supermercati e metà dal buio. il cuoco credo fosse un tizio alto un metro e mezzo, magro, piccolo, esile, di una quarantina di chili, con una seconda quarantina di chili di rasta arravogliati in una tovaglia nera, che stava passando lo straccio per terra. tutto da portare via in modo da raggiungere la casa di un amico di derec. il nome non me lo ricordo ma la casa era uno scantinato di una delle suddette villette. mangiamo quasi per terra però lì è stato tranquillo. il cibo non era male. un pò piccante e forse un pò troppo incredibile, però buono. dopo una deliziosa serata in compagnia decidiamo che forse è ora di ritornare a casa. andiamo alla metropolitana (un'altra, che poi era vicinissima, avevamo fatto un giro gigante per ragioni lontane da dove arrivo io) elì ci mettiamo ad aspettare il treno. terzo livello. vicini a finire il mondo. la metro è quasi deserta, vicino a noi una tizia che parla a telefono e più in là tre o quattro uomini sparsi. naturalmente come sempre tutti finlandesi. ero seduto con la tizia a sinistra e girandomi per guardarmi intorno incrocio il suo sguardo fisso e cattivissimo e vicinissimo. sembrava samuel l. jackson in pulp fiction. a quel punto iniziano a piovere insulti nei confronti miei e di eleonora che eravamo dei maleducati e inopportuni, sciocchi, noi che ascoltavamo la sua conversazione telefonica deridendola nel nostro poco elegante idioma. la pioggia di insulti è continuata anche quando ci siamo allontanati spostandoci sempre di più nella direzione dalla quale sarebbe arrivato il treno, chiamandolo, desiderandolo, immaginandolo e finalmente prendendolo. scongiurando così la possibilità di finire in mezzo a omoni e personaggi poco ortodossi tirati in ballo dai vaneggiamenti di una mezza squilibrata. abbandoniamo lentamente, su un treno local, quel luogo dove non c'è niente. solo paura.
durante il lungo viaggio di ritorno verso casa ad eleonora arriva un messaggio: it's over! (è finita). io penso meno male, non vedevo l'ora.
quando, arrivato, salgo in superficie e vedo la festa per strada, allora capisco.

4 commenti :

Luigi ha detto...

fiiiicoooo... anzi... coooool! anzi... thrilling coooooool!

AntonioZag ha detto...

Roberto torna a casa, sudi!

eleonora ha detto...

antonio sei troppo gay per questo mondo!!!

Anonimo ha detto...

a parte la storia assurda (e vedi di non farti ammazzare...) bella foto!